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RESTAURAZIONE DI RIMINI

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STORIA RIMINI

STORIA RINASCIMENTALE RIMINI

La Restaurazione di Rimini

Con il Congresso di Vienna, chiusosi il 9 giugno 1815, vi fu un apparente ritorno alla tranquillità, benché sotto la cenere covassero fermenti rivoluzionari - che avrebbero portato al Risorgimento - alimentati dai liberali e dai democratici. Per il momento, tuttavia, nello Stato Pontificio furono annullate tutte le riforme messe in atto nell’età napoleonica ed il potere fu gestito esclusivamente dalla gerarchia ecclesiastica. Alle famiglie borghesi, recentemente affermatesi, fu riservata la partecipazione al consiglio comunale. La Restaurazione pontificia, che, in base alla periodizzazione della storiografia francese si data dal 1815 al 1830, periodo che vide il ritorno dei Borboni sul trono di Francia, estesa, talora, circa le vicende italiane fino al 1848, ed i cui effetti si fecero sentire fino all’unificazione d’Italia ed alla presa di Roma, comportò il tentativo della Chiesa-Stato di controllare una società strutturata gerarchicamente ed al cui vertice era una classe ristretta formata dal ceto nobiliare, al quale appartenevano quasi tutti i componenti le gerarchie ecclesiastiche. Durante la Restaurazione vi fu un solo momento in cui il potere della Chiesa si fondò sul consenso della popolazione; quando Papa Pio IX, facendo un sorprendente tentativo costituzionale, parve deciso ad entrare in una guerra  di carattere nazionale contro gli alleati austriaci. In seguito alla fine della Repubblica Romana, il potere dello Stato Pontificio si fondò nuovamente sulla repressione, come confermano le vicende di Rimini. In Rimini, infatti, il vescovo Gualfardo Ridolfi, che si trovava in città dal 1807, al ritorno di Pio VII pur rimanendo in carica dovette subire ogni sorta di vendette da parte dell'intransigente clero legittimista e restauratore. L'integralismo religioso e la durezza divennero parte integrante del governo della città di Rimini. Alla morte di Gualfardo Ridolfi giunse a Rimini come sostituto il curiale Gian Francesco Guerrieri da Fermo, il quale, insoddisfatto dell'atteggiamento del clero e dei diocesani di Rimini, il 12 gennaio 1822 rinunciò alla diocesi. Egli fu sostituito, con i pieni poteri vescovili, dal vicario apostolico Giovanni Marchetti da Empoli, principale ideologo della restaurazione e massimo ispiratore dei reazionari francesi.

 

 

 

 

 

 

 

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