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RIMINI ED I CENTO GIORNI

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STORIA RIMINI

STORIA RINASCIMENTALE RIMINI

Rimini ed i Cento Giorni

La situazione di calma e tranquillità nella quale vissero i cittadini di Rimini in età napoleonica, nonostante le contribuzioni per l’alloggiamento delle truppe che gravavano sulle spalle dei Riminesi ed i cattivi rapporti con l'Inghilterra che danneggiavano i commerci in Adriatico, ebbe termine quando Napoleone Bonaparte, l'11 giugno 1809, fu scomunicato da Papa Pio VII, che fu arrestato ed imprigionato in Francia. La rottura della pace religiosa, infatti, indusse gli estremisti giacobini a rialzare la testa. Fu nuovamente vietato l'esercizio pubblico della religione. Ciò, assieme alla crisi economica, fu il motivo che portò, dopo gli insuccessi del 1812, ad una fallita congiura volta ad uccidere le autorità riminesi e a consegnare Rimini agli Inglesi. La situazione precipitò all'arrivo delle notizie della disfatta napoleonica in Russia ed al passaggio per Rimini, il 26 gennaio 1813, dello sconfitto Giocchino Murat, ora re di Napoli, che si ritirava. Il clero fece nuovamente sentire la sua voce, ed i giovani, renitenti alla pesante leva, diedero vita, nelle campagne, ad un'opposizione anche armata. Con la battaglia di Lipsia, del 16-18 ottobre 1813, infine, l'impero di Napoleone si disgregò. La battaglia che sembrava dovesse avere luogo tra gli Austriaci, sbarcati alle foci del Po e giunti ormai a Santarcangelo, e l'esercito di Giocchino Murat, che, risalita l'Italia, era arrivato a Rimini il 27 dicembre, non ebbe luogo poiché lo stesso Murat si accordò con gli Austriaci. Gioacchino Murat sperava, tradendo Napoleone, non solo di conservare il Regno di Napoli, ma anche di ottenere territori appartenuti allo Stato Pontificio. I suoi calcoli non tennero però conto dei diritti di Papa Pio VII, che, liberato, stava scendendo verso Roma, mentre l'esercito di Murat si ritirava, lasciando Rimini. Le accoglienze ed i festeggiamenti tributati, il 7 maggio 1814, dalla città di Rimini a Papa Pio VII furono grandiosi. Le leggi napoleoniche furono abolite, mentre la tutela della restaurazione del potere papale veniva affidata all'esercito austriaco, arrivato a Rimini il 14 maggio. La situazione si ribaltò, però, in seguito all'abbandono dell'isola d'Elba da parte di Napoleone Bonaparte, che, giunto il 20 marzo 1815 a Parigi, era nuovamente pronto a combattere. Gli austriaci, all'arrivo dell'esercito napoletano di Murat, nuovamente al fianco di Napoleone, abbandonarono, il 28 marzo, la città di Rimini, nella quale Murat entrò il giorno dopo. Il famoso proclama a tutti gli Italiani, nel quale Gioacchino Murat esortava alla mobilitazione per l'indipendenza d'Italia, che diverrà la parola d'ordine del Risorgimento, fu lanciato, il 30 marzo, proprio dalla città di Rimini. L'esortazione di Murat, fu, però, per il momento, accolta, nella città di Rimini, da meno di trenta cittadini. Gioacchino Murat stesso, transitato nuovamente per Rimini con l'esercito il 23 aprile, fu di lì a poco sconfitto a Tolentino. Rimini fu quindi rioccupata dagli Austriaci. Ebbe così fine il sogno napoleonico.

 

 

 

 

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